Mosca doveva sembrare molto lontana da Poggioreale, ma non abbastanza per chi insegue il sogno dell’eternità olimpica. La storia di Patrizio Oliva comincia nella casa di un quartiere popolare di Napoli, allegramente affollata di fratelli e sorelle, e prende piano piano il volo, diventando un grido contro esclusione ed emarginazione, tra le mura della palestra Fulgor, nei Quartieri Spagnoli. Sotto la guida di Geppino Silvestri, maestro di vita e di boxe, destinato a cambiare per sempre le sorti del movimento pugilistico italiano, quel ragazzo, che tra poco diventerà “lo Sparviero”, inizia a maturare come pugile. Dopo due titoli italiani nei superleggeri, già nel 1979 Oliva fa parlare di sé oltre confine: a Colonia, incontra in finale per il titolo europeo il sovietico Serik Konakbayev. Il match è a senso unico a favore del pugile partenopeo ma, nonostante questo, con un verdetto che ancora oggi grida vendetta, i giudici assegnano l’oro al boxeur di origine kazaka. Nonostante la delusione, però, è solo l’inizio: tra Oliva e Konakbayev non è finita qui.
MOSCA 1980: OLIVA NELLA LEGGENDA
Il 19 luglio 1980 vengono inaugurate le Olimpiadi di Mosca, in un clima plumbeo. L’invasione sovietica dell’Afghanistan aveva innescato la reazione degli Stati Uniti che, ad aprile, ufficializzò il boicottaggio dei giochi. La decisione è seguita da altri 64 paesi, tra i quali Canada, Germania Ovest, Norvegia, Giappone, Corea del Sud. L’Italia sceglie di partecipare ma la squadra di boxe rischia ugualmente l’esclusione perché gli atleti non superano le prove pre-peso. Il CIO però, già profondamente segnato dalla mancata partecipazione del blocco guidato dagli Usa, decide di chiudere un occhio e ammettere i pugili azzurri, garantendo un secondo giro di prove. Lo Sparviero è pronto a salire sul ring. Dopo i primi turni, relativamente agevoli, nei quarti di finale, Oliva incrocia i guantoni con il fortissimo jugoslavo Ace Rusevski, che batte di misura, per poi liquidare il britannico Anthony Willis in semifinale.
OLIVA VS. KONAKBAYEV PARTE SECONDA
Il giorno della finale non è una data qualunque per la storia d’Italia. Sabato 2 agosto 1980, alle 10.25, alla stazione ferroviaria di Bologna una bomba squarcia la sala d’aspetto, lasciando a terra 85 morti, oltre 200 feriti e un paese sgomento. Oliva sale sul ring quando a Mosca è ormai pomeriggio. In finale una vecchia conoscenza. Quel Konakbayev che l’anno prima lo aveva derubato di un titolo europeo più che meritato. L’arena è un inferno: il pubblico di casa dà vita a una vera e propria bolgia ma, con calma, talento e determinazione, Oliva mette in scena un capolavoro di tattica e inventiva che lascia il sovietico in confusione e privo di certezze. Il verdetto dei giudici è inequivocabile: 4 a 1 per il pugile di Poggioreale. L’oro rappresenta un sorriso per l’Italia ferita a morte e il lasciapassare verso la leggenda per Patrizio Oliva. Succede nel palmares olimpico a un altro mito della boxe, quel Ray Leonard che, da bambino, lo aveva ispirato e fatto sognare.
TESTIMONIAL DI SPORT E VITA
Dopo la conquista del titolo olimpico, la sua storia di ragazzo di Poggioreale conquista tutti. Il passaggio al professionismo lo porta a mietere tanti altri successi. Si ritira nel 1992, dopo una carriera lunghissima, costellata di vittorie, accompagnata sempre da un carattere estroverso, dalla voglia di comunicare, sperimentare, essere d’esempio. E’ stato anche commissario tecnico della nazionale di boxe alle Olimpiadi di Atlanta 1996 e a quelle di Sydney 2000. Oggi Patrizio Oliva continua a testimoniare il valore dello sport a favore della crescita dei giovani, della loro educazione e integrazione. Allenatore, educatore, scrittore, ma anche uomo di spettacolo e di comunicazione. Il volo dello Sparviero non si ferma mai.