Porzio, un cognome leggendario dello sport campano e nazionale. Franco e Pino, tocca a Franco maggiore dei due fratelli, lanciare Il grido d’allarme sulla condizione economica dei centri sportivi italiani arriva da lontano, è presente da settimane, con uno sguardo rivolto al futuro a breve termine. Aperti a gennaio, tre settimane di apertura, con il calo del 70% del fatturato dopo l’esordio del Covid-19, a Codogno. Poi, marzo, aprile e maggio, la chiusura, il lockdown, palestre, piscine in silenzio, come l’umore degli italiani chiusi in casa per resistere alla furia del virus. A giugno e luglio la lenta ripartenza, con il ritorno all’attività del 30-40% delle presenze, il segnale timido del risveglio, temendo la seconda ondata. Dopo la pausa di agosto e il 50% delle presenze a settembre, a ottobre è tornato lo spauracchio, con tre settimane di attività e il dimezzamento del numero di presenze, fino a novembre e dicenbre, ancora chiusura, nonostante gli investimenti per sanificazioni, adeguamento delle strutture. Il virus, più forte di tutto. E il futuro?
PORZIO: “COME SI VA AVANTI IN QUESTE CONDIZIONI?”
Porzio si era già espresso nelle scorse settimane. Quando il Governo concesse sette giorni per l’adeguamento delle strutture alle richieste per garantire il distanziamento sociale e le condizioni sanitarie per la pratica sportiva. Poi, la chiusura, i numeri del contagio non lo consentivano, tutto fermo, con promessa di aiuti economici. “Se gli aiuti non arriveranno? – si chiedeva Porzio – Beh, allora ci sarà una sola cosa da fare per noi uomini di Sport: prendere le chiavi degli impianti e, tutti insieme, depositarle a terra davanti a Palazzo Chigi. Che ci pensi direttamente il Governo ad andare avanti, se ci riesce. Lasceremo anche i numeri dello Sport, così si chiariranno le idee: