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Agostino Cardamone, l’ex campione del mondo torna a fare il muratore

L'ex iridato dei pesi medi non trova lavoro e la sua palestra è in crisi per la pandemia: "Devo pure mangiare"

Agostino Cardamone, 57 anni, si confessato in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno. Celebre uno dei suoi match nel 1998 contro il Barbaro Silvio Branco.  In palio c’era il titolo mondiale WBU. Branco stava vincendo nettamente.  Quando ormai per il pugile di Montoro la sconfitta sembrava certa, alla decima ripresa accadde l’incredibile, con Cardamone che con un potentissimo sinistro colpì Branco sulla tempia e lo mise al tappeto. Cardamone vinse ma fece più impressione la sua reazione.

AGOSTINO CARDAMONE; DOPO LA VITTORIA NON FESTEGGIO’

Non festeggiò , si avvicinò a Branco, lo soccorse e quando riuscì ad alzarsi lo applause, lo abbracciò e gli promise la rivincita. Cardamone fu fregiato del premio “Fair Play“ e dichiarò subito dopo il successo: “Quando ho visto Branco cadere per il mio colpo ho avuto una grande paura. Se fosse successo un guaio non so come avrei reagito. Non mi sarei potuto dare pace. Branco per me e’ solo un avversario, e non un nemico. Sono ancora scosso“. Anche lo stesso Branco rese onore al bel gesto del rivale: “Sapevo che Cardamone era una persona molto umana“. Ecco l’Intervista integrale:

A 20 anni alternava il lavoro da muratore con la boxe. Ora ha deciso di ritornare a fare lavori pesanti. Come ha maturato questa decisione?

«Mi aspettavo qualcosa in cambio dal Comune di Montoro e invece sto ancora aspettando la mia palestra. Ho sette ragazzi agonisti – spiega l’ex pugile – che si allenano con me. Tra spese varie, bolletta della luce e costi di gestione non ce la faccio ad andare avanti. I miei allievi non li abbandono, ma devo pur continuare a vivere: ho tre figli e non posso andare avanti in questo modo. San Michele di Serino è un centro agricolo ma c’è poca affluenza ed ecco perché ho deciso di tornare a lavorare».

Il suo è un grido di allarme, si aspettava maggiore attenzione?

«Ci sono degli amici che mi hanno dato una mano e devo ringraziarli. Ho trovato una famiglia che mi ha accolto qui a Prata di Principato Ultra. Sono stato campione italiano, ho perso il mondiale Wbc contro Jackson che proprio uno sconosciuto non era, miglior pugile nel 1998, collare d’oro e poi ho anche vinto il mondiale Wbu. Ma a cosa servono questi riconoscimenti se non riesco a trovare un lavoro che mi dia dignità? Da professionista vivevo con i guadagni della boxe. Sono riuscito a comprare un terreno a Montoro e a costruirmi casa, ma poi chiaramente non ce la faccio ad andare avanti: ho bisogno di guadagnare».

La boxe le ha lasciato anche degli acciacchi fisici. Come fa alla sua età a sostenere questi sforzi?
«E proprio per questo non riesco a lavorare tutti i giorni come carpentiere. Ho diverse fratture, grossi problemi alla schiena: per anni mi sono caricato sulle spalle 50 chili con i sacchi di cemento. Solo alla mano sinistra (quella con cui martellava gli avversari, ndr) ho sette fratture. Con l’età i dolori aumentano ed ecco perché faccio un enorme fatica».

Il sogno è quello di allenare in Nazionale. Magari al centro tecnico dell’Esercito di Avellino…
«Con la mia esperienza penso di poter dare una mano ai giovani. Come tecnico federale ho lavorato per 15 giorni, ho visto grande tecnica e grinta più nelle donne che negli uomini. Con questo nuovo corso della Federazione stanno cambiando tante cose e speriamo che si inverta un po’ la tendenza e che i pugili possano qualificarsi alle prossime Olimpiadi. Credo che i miei insegnamenti possano essere ancora validi. Lavorare in Federazione mi piacerebbe».

Cardamone, ha saputo più nulla della sua domanda per il vitalizio “Giulio Onesti”, previsto per gli atleti che versino in grave disagio economico e che abbiano conquistato nella carriera sportiva almeno un europeo?

«Resto in attesa di avere notizie, ma di certo non posso aspettare. Questo non è sicuramente un buon periodo per me. Ho perso nel giro di pochi mesi mia madre e anche il mio storico maestro Giovanni Santoro: devo tanto a lui per la mia carriera. Tengo a precisare che non chiedo l’elemosina a nessuno, ma sono restato nel mio paese perché amo le mie radici. Non voglio il reddito di Cittadinanza: preferisco andare a lavorare quando posso e quando le mie condizioni fisiche me lo consentono. C’è grande amarezza: speravo di aver dato tanto per la mia terra, ma al momento in cambio non ho ricevuto nulla».

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